lunedì 9 maggio 2011


Brucia l'operaio Thyssen"
Guariniello chiama Facebook


Il pm vuole sapere chi aveva caricato il crudele gioco sul web

 di Alberto Gaino


La polizia postale torinese ha girato a Facebook Inc, 151 University, Palo Alto, California, il «decreto di acquisizione» di Guariniello «delle informazioni necessarie per identificare chi ha creato il gioco "Sentenza ThyssenKrupp: Brucia e Vinci 1.000.000 di euro"» e quanti lo hanno arricchito di vergognosi commenti, allo scopo di procedere nei loro confronti.


Il magistrato ha aperto un'indagine per diffamazione a mezzo stampa che la giurisprudenza estende alla Rete e a ciò che vi compare. Per procedere c'era bisogno delle querele e i familiari delle sette vittime del rogo della ThyssenKrupp le hanno immediatamente presentate.

Raccontano lo sgomento e lo sdegno di madri, padri, vedove, sorelle e fratelli dei lavoratori divorati dal fuoco mentre si prodigavano per spegnerlo e salvare i costosi macchinari di produzione, pur sapendo che di lì a pochissimo avrebbero perso il posto: la fabbrica chiudeva. Rocco Marzo, il loro capoturno, doveva già trovarsi in pensione, ci sarebbe andato a poche settimane dalla terribile notte del 6 dicembre 2007. Era restato al lavoro per non lasciare soli i più giovani e inesperti che ancora non erano riusciti a trovarne un altro. Giù il cappello.

E invece, in seguito alla sentenza della Corte d'Assise che ha condannato a pene severe il vertice italiano della multinazionale tedesca, c'è stato chi si è distinto inserendo in una pagina web del social network più condiviso nel mondo i volti di quegli operai che spuntano da fiamme virtuali in un macabro «gratta e vinci» che ha attirato i commenti, quasi tutti più che indecenti, di 283 utenti Facebook alla data del 20 aprile. Quando Massimiliano Quirico, giornalista dell'ufficio stampa del Comune di Torino e direttore di www.sicurezzaelavoro.org, l'ha segnalato ad Antonio Boccuzzi, il superstite della strage del lavoro, e allo stesso Guariniello.

Il magistrato: «Si presenta come un gioco un'ignominia che naturalmente non si ha avuto il coraggio di firmare con nomi e cognomi». La pagina, amministrata da tale Giulia Federici (identità di fantasia), è introdotta da questa spaventosa chiave di lettura (si fa per dire) del sacrificio dei lavoratori: «La Corte d'Assise non ha riconosciuto le responsabilità effettive dei 7 operai che, per mancanza di professionalità, inadempienze varie e forse abuso di alcolici e droghe leggere, ignorarono le misure di sicurezza.... Con sorpresa e sgomento si è appreso che i parenti saranno risarciti con un milione di euro. Uno di loro è svenuto dalla gioia....». I giudici non sono comunisti - un refrain già sentito - ma «hanno subito la pressione mediatica della Cgil».

Tanti vi hanno aggiunto del loro. Chi finge di chiedersi se è «meglio morire di freddo in un lager o bruciati vivi, ma con risarcimento». Chi propone di «marchiare a fuoco un numero identificativo sull'avambraccio dei lavoratori per accelerarne l'identificazione. Ai parenti basterà pregare i propri defunti di far uscire quei numeri per diventare ricchi».

Disprezzo e stupidità vergognosi che non si vuole lasciare impuniti. Facebook può fornire i file dilog con cui «identificare il group». Con i codici Ip utilizzati per connettersi si potrà risalire ai provider e da questi a nomi e cognomi veri, e ad indirizzi veri. A giorni la prima risposta.

 

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