mercoledì 16 febbraio 2011

Contro la Thyssen processo politico

16/02/2011 - La Stampa

"Contro la Thyssen processo politico"

Le madri delle vittime hanno lasciato l'aula in silenzio

Le madri delle vittime hanno lasciato l'aula in silenzio

L’arringa di uno dei difensori: «Inchiesta frettolosa»

ALBERTO GAINO

L’avvocato Andrea Garaventa surclassa i colleghi del collegio di difesa ThyssenKrupp con la sua arringa: «Questo è un processo politico, strumentalizzato mediaticamente, a una multinazionale straniera che aveva rilevato uno stabilimento italiano e lo stava chiudendo, pur con tutte le garanzie per i dipendenti». Il legale genovese passa generosamente ad elencarle: «Ai precari sono stati offerti contratti a tempo indeterminato per trasferirsi a Terni, a tutti gli operai anche incentivi per trovar casa nella città umbra. E poi l’azienda ha sostenuto economicamente le famiglie delle vittime sin da subito: la ThyssenKrupp non ha dimenticato che quegli uomini hanno dato la vita per l’azienda».

La linea difensiva si è spostata con Garaventa dalla colpevolizzazione strisciante delle 7 vittime dell’incendio del 6 dicembre 2007 al loro martirologio. Semmai sono i pm, per il legale, a «non aver reso onore alla loro memoria con l’inaccettabile giudizio sulla scarsa professionalità dei dipendenti». Garaventa è il medesimo avvocato che aveva escluso ci fosse stato un incendio nello stesso stabilimento. L’anno era il 2002: ci volle molto più di un giorno per spegnerlo. Sintonia perfetta con quanto sostenuto sempre ieri dal collega Maurizio Anglesio concludendo la sua, di arringa: «Quello del 6 dicembre è stato un fuoco, non un incendio».

Ciascuno vede come gli pare i fatti, anche in un’aula di Corte d’Assise. Per Garaventa i pm «sono affetti da ipertrofismo accusatorio, hanno costruito imputazioni distorte e in modo frettoloso, senza leggere gli atti, dispiegando le forze dell’ordine per giornate e giornate su questo caso». Non dice come la sorella avvocato: «In fondo, si è trattato di un infortunio sul lavoro». Lo lascia intendere. E prosegue diritto elencando tutti i più gravi successivi (o giù di lì) infortuni sul lavoro in Italia (Molfetta, Paderno, Fossano) per ribadire la tesi che gli deve premere molto (la ripeterà ancora): «Nessuno di quei casi ha avuto la stessa eco mediatica».

L’altro refrain è quello della fretta di Guariniello e colleghi che «volevano arrivare alla sentenza nel primo anniversario della tragedia». Per la cronaca, quella di ieri è stata la novantesima udienza. Garaventa descrive pure lui un’azienda, dall’ad ai dirigenti torinesi, impegnatissima ad investire nella sicurezza. «Altro che risparmiare. La notte della tragedia alla linea 5 c’erano i 5 addetti del turno, più altri 2, di quello precedente, in straordinario».

Per l’avvocato genovese ci sono «risultanze incontroverbili» contro l’imputazione di omicidio volontario di dolo eventuale per il solo Herald Espenhahn: «I precedenti incendi di Torino e Krefeld lo avevano reso consapevole e mai lui avrebbe voluto e potuto accettare simili rischi. Tanto più che la linea 5 (allestita nel 1972 e parzialmente rinnovata nel 1990, ndr.) non era affatto un vecchio impianto, ma un investimento da salvaguardare. Poteva l’ad accettare un danno disastroso come la distruzione dell’impianto?». Per Garaventa è risibile il «movente» degli 800 mila euro risparmiati: «Prevenivano da una provvista della casa madre per lo specifico scopo di migliorare la sicurezza. L’ad non avrebbe mai potuto spenderli per altro».

C’è pure una dedica per l’informazione: «Nell’immediatezza del fatto i giornali hanno dato ingiustificabile e superficiale risalto alla tesi degli estintori scarichi. Risultata infondata, hanno sposato quella dei pm sull’abbandono dello stabilimento alla deriva, anch’essa infodata». Le madri delle vittime hanno lasciato l’aula in silenzio molto prima che finisse l’arringa.

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