venerdì 18 febbraio 2011

Gramsci sul palco di Sanremo


  

Di Alessandra Valentini - Quando Antonio Gramsci arriva sul palco di Sanremo con il suo "odio gli indifferenti", in un primo momento pensi di aver sbagliato canale, invece no, e vedi anche La Russa che applaude, prima di aver capito che si trattava di Gramsci. Allora pensi che l'Italia è un grande Paese e in Italia la democrazia e la libertà sono una cosa seria, nonostante i politici di turno, nonostante la crisi, nonostante i direttori Rai, nonostante, o magari grazie, alle canzonette. Una democrazia fondata e costruita da tanti Gramsci, tanti Pertini, tante Anselmi, tanti Don Milani, tanti partigiani, tanti preti, tanti uomini e donne pieni di coraggio e dignità, che conquistarono quella libertà e quella democrazia oggi preziose. Tanto preziose e forti che dobbiamo, sì conservarle e difenderle, ma non dobbiamo mai pensare che possano aver perso un po' della loro forza, perché così non è e il solo pensarlo le potrebbe far sembrare un qualcosa di debole e transitorio. Invece no, in Italia la libertà e la democrazia sono più durature del bronzo, non le può mettere in discussione Ruby né per difenderle ci serve Fini. Dalla libertà e dalla democrazia indietro non si torna, e la democrazia è cosa seria e solida anche quando consente a Berlusconi, o ad altri, di fare quello che non ci piace.
Paesi a noi vicinissimi hanno iniziato un percorso importantissimo di ribellione per la conquista delle libertà fondamentali, un percorso difficile e pieno di contraddizioni. Più di qualcuno si è gettato in singolari parallelismi tra quei paesi e l'Italia, singolari perché quelle battaglie l'Italia le ha fatte nel 1861, poi nel 1944 e da noi l'ultimo dittatore è stato Mussolini. Insomma guardiamo con rispetto ed interesse a quanto accade in Tunisia, Algeria, Libia ed Egitto ma è impossibile trovare similitudini profonde, per rispetto alla nostra intelligenza, alla nostra storia, per rispetto alla nostra Costituzione, per rispetto al nostro Paese. Un Paese in cui la libertà è anche leggere Gramsci sul frivolo palco di Sanremo, seguito da oltre 10 milioni di persone, che sicuramente avranno colto una frase, un'emozione, un ricordo in quelle parole, riproposte senza snobismo da Luca e Paolo, arrivando a tante tante persone con un testo attualissimo, che porta la data del 1917.
"Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L'indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L'indifferenza è il peso morto della storia. L'indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l'intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l'assenteismo e l'indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un'eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch'io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo? Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime. Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l'attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c'è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti".

 

18-2-11

 

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